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Il generale Della Rovere

Il generale Della Rovere è un film del 1959 diretto da Roberto Rossellini, realizzato su un soggetto di Indro Montanelli, dalla rielaborazione del quale prese forma l’omonimo romanzo.

Genova, 1944. Emanuele Bardone è un truffatore che si fa chiamare Colonnello Grimaldi, ed è amante del gioco e delle donne. Con la complicità di un sottufficiale tedesco, estorce denaro ai familiari dei detenuti politici, millantando conoscenze influenti presso le autorità tedesche e promettendo, in cambio dei soldi, l’interessamento delle autorità per una favorevole soluzione dei loro casi. Con tale attività illecita si procura il denaro per il gioco d’azzardo, che lo divora. Quando le cose vanno male ricorre a Valeria, una ballerina con la quale vive, per avere prestiti o oggetti da impegnare. Mangia male, coi pacchi destinati ai detenuti – arriva ad odiare il salame, allora, considerato una leccornia. Lascia conti da pagare nei ristoranti. Viene invitato a pranzare con le donne dipendenti di una casa di tolleranza.

Un giorno però il suo gioco viene scoperto. Una donna, a cui Bardone aveva chiesto denaro per intercedere a favore del marito, viene a conoscenza che il marito è già stato fucilato dietro il Camposanto Monumentale di Staglieno e lo denuncia alle autorità. Bardone, una volta arrestato, per alleggerire la sua grave posizione accetta di collaborare con il colonnello Müller, da lui conosciuto casualmente qualche giorno prima, il quale, riscontrata la sua abilità nell’ingannare le persone, gli propone di assumere l’identità del generale Giovanni Braccioforte della Rovere, un importante ufficiale badogliano, ucciso per errore dai soldati tedeschi che, non avendolo riconosciuto, non hanno rispettato la consegna di catturarlo vivo. Egli sarà internato a Milano, nel braccio politico del carcere di San Vittore, con l’incarico di assumere informazioni e di scoprire la vera identità di “Fabrizio”, il capo della Resistenza a cui la Gestapo non è ancora riuscita a dare un nome.

La realtà carceraria, e della stessa Resistenza, con cui il truffatore viene a contatto, lo porta lentamente a riconsiderare i valori della dignità, del coraggio e del patriottismo. Egli rimane profondamente colpito dalla morte di Aristide Banchelli, un partigiano che, piuttosto che rivelare il poco di cui è a conoscenza, preferisce subire la tortura che il suo fisico anziano non è in grado di sopportare, arrivando poi a suicidarsi per il timore di parlare. Anche il falso generale viene torturato, in modo da farlo passare nel braccio da eroe. Una notte infine, dopo la cattura di alcuni partigiani, il falso generale viene mandato a passare la notte nella stanza dove si trovano una ventina di uomini in attesa di esser fucilati per rappresaglia, a seguito dell’uccisione del federale di Milano, e i nazisti sanno con certezza che tra loro c’è anche “Fabrizio”.

“Fabrizio” si presenta infatti a colui che crede il generale Della Rovere: ora Bardone dispone dell’informazione che gli garantirebbe, secondo le promesse del colonnello Müller, la libertà, oltre a un premio in denaro (1 milione di lire) e a un salvacondotto per la Svizzera. Ma, quando Müller gli chiede di rivelargli il suo nome, egli rinuncia a ciò per cui ha sempre lavorato, preferendo condividere la sorte degli uomini che stanno andando a morire piuttosto che tradire colui che, a rischio della vita, combatte nobilmente per la libertà di tutti. Riscattando in questo modo una vita fatta di umana miseria, Bardone si presenta con dignità al plotone d’esecuzione e muore insieme con altri dieci uomini, tra cui alcuni ebrei, dopo aver pregato Müller di far pervenire alla moglie del vero generale un biglietto di commiato, e, dopo aver rivolto ai suoi compagni un’esortazione a rivolgere i loro estremi pensieri alle loro famiglie, al Re e alla Patria, cade dopo avere gridato “Viva l’Italia!”, e solo in quel momento il colonnello Müller riconosce di avere sbagliato nel giudicarlo.

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