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The Iron Lady

The Iron Lady Meritatissimo premio Oscar 2012 a Meryl Streep per la sua interpretazione di Margaret Thatcher in questo film, primo ministro inglese per undici difficilissimi anni, dal 1979 al 1990.

Margareth Thatcher è stata una delle persone più potenti e importanti degli anni ’80, nel bene e nel male ha contribuito a creare l’Inghilterra e l’Europa per come sono adesso, ha dovuto affrontare momenti difficilissimi con un paese in una profonda crisi economica e di identità, col il terrorismo dell’IRA all’apice della violenza e ha affrontato una guerra combattendo con l’Argentina alle Falkland.

Di fronte a una figura tanto interessante, controversa e discussa il progetto di un film a lei dedicato poteva prendere diverse strade: poteva svilupparsi come un documentario biografico, poteva entrare nel merito delle scelte del premier suggerendo o dando un giudizio morale o politico oppure poteva evidenziare il lato umano della Thatcher che è rimasto sostanzialmente nascosto negli anni del suo premierato. Il film ha scelto questa terza strada, mostrandoci una Thatcher invecchiata e rincoglionita dall’alzheimer, in preda alle visioni e intenta a dialogare con il marito morto da parecchi anni. La storia ci racconta anche dei primi anni della premier, vissuti in un periodo in cui alle donne erano negati posti di potere e responsabilità, in un ambiente in cui la figlia di un semplice droghiere come lei aveva ben scarse possibilità di arrivare ai vertici del potere.
Il lato umano della Thatcher è a mio avviso quello meno interessante e infatti il film non decolla mai, nonostante la magistrale interpretazione della Streep. Sullo sfondo dei ricordi della protagonista passano scioperi, proteste, attentati e la guerra con l’Argentina ma nessuno di questi argomenti viene affrontato con un minimo di profondità, tutte le scelte fatte dalla Thatcher vengono presentate come impulsive, dettata da una caparbietà e una testardaggine che alla fine della carriera controllano tutte le sue decisioni. Un periodo storico di importanza fondamentale sembra scivolare incontrollato quando in realtà il primo ministro inglese è sempre stata perfettamente consapevole delle sue scelte e delle loro conseguenze, nel bene e nel male per giuste o sbagliate che fossero.
Il personaggio storico ha dovuto e saputo prendere decisioni estremamente impopolari, alcune giuste, molte sbagliate, quasi tutte discutibili e difficili da capire per chi è abituato a concepire la politica come l’arte del compromesso. Negli anni della sua leadership ha saputo guadagnarsi il rispetto di tutti i leader dell’uno e dell’altro blocco, ha saputo trasformare l’economia di un paese che, dopo aver perso le colonie, si stava avviando verso un declino sempre più rapido ricompattando la nazione in occasione della guerra delle Falkland. Ha abusato del suo potere per vicende personali e ha provato a imporre decisioni visionarie, quando non addirittura folli come l’imposizione di un sistema fiscale che definire assurdo è un eufemismo… di tutto questo nel film c’è poco o niente, focalizzato soprattutto sulle debolezze della anziana e malata Margaret dei nostri giorni.

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