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Long Weekend

Questo film è la prova di come si scrive una storia che non ha alcun senso, mettendo in scena situazioni che hanno la pretesa di spaventare il pubblico, ma che invece non presentano alcun collegamento logico una con l’altra.

La vicenda sfrutta un tema classico dell’horror e delle storie del mistero: l’auto che sbaglia strada, i protagonisti che finiscono in un posto sconosciuto, in cui accadono eventi strani, straordinari.

Di buono c’è che, attorno ai due personaggi – che possiamo definire gli unici del film – è stato creato un passato, anche se questo passato sa di già visto: la coppia con un problema.

Long Weekend appare come un film ben lontano dall’orrore, se non per una frugale scena in cui il regista mostra dei cadaveri. Per il resto, lo spettatore non sa che cosa accada nella storia, non capisce il perché dei fatti che si susseguono.

E c’è un motivo per queste sue incomprensioni: il film ha un’enorme lacuna, che né gli attori né le scene “orrorifiche” riescono a colmare. Il film manca di una storia.

Le scene si svolgono in modo statico, non c’è quasi azione, il tutto appare noioso perché si sente la mancanza di un ingrediente nel film, l’ingrediente principale: una trama che stia in piedi.

Leggerezze del regista fanno inoltre calare Long Weekend nell’assurdo, come quando il protagonista getta una sigaretta dalla macchina in corsa e, appena la cicca tocca l’erba secca, immediatamente si appicca il fuoco.

Senza contare la notizia dell’incendio divampato da questa sigaretta, che la donna ascolta alla radio, in cui la cronista comunica che secondo i vigili del fuoco l’incendio è scoppiato a causa di una sigaretta buttata da qualcuno. Ma come si fa a scrivere certa roba?

Dobbiamo anche aggiungere che lo spettatore viene a essere disgustato dal comportamento della coppia nei confronti dell’ambiente. Bottiglie gettate in mare, formiche ammazzate sul loro formicaio con l’insetticida, alberi tagliati, per non parlare dell’attrezzatura da campeggio dai costi improbabili.

Vedendo il film ho sperato davvero che la forza sconosciuta di cui era animato quel posto misterioso uccidesse il prima possibile quei due. Cosa che è avvenuta, anche se in modo inusuale.

L’elemento più comico di Long Weekend è quello che sembra essere il fulcro degli episodi strani avvenuti in quel posto di mare. Un animale, anzi la sua carcassa, ritrovato sulla spiaggia dal cane dei due.

Un piccolo di dugongo, addirittura, specie a rischio di estinzione e del tutto innocua. Un animale che neanche lontanamente incute paura e spavento. Ma la donna ne è terrorizzata, quando un dugongo più grande, anzi la sua carcassa, appare vicino al campo.

Che nesso c’è fra i due dugonghi morti e gli strani incidenti? Chi ha ucciso la famiglia di tre persone che stava nei pressi in cui si sono accampati i due? E perché? Chi ha ucciso la donna? E perché il marito, mentre tenta di fermare un tir, non si scansa – ne avrebbe avuto il tempo – ma guarda il gigantesco mezzo venirgli addosso?

E così finisce Long Weekend, nell’incomprensibilità più assoluta. Neanche degno di essere affiancato ai B-movie horror degli anni ’80.

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