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Gian Maria Volonté

Gian Maria VolontéGian Maria Volonté nacque a Milano il 9 aprile del 1933 e crebbe a Torino. Il fratello minore Claudio fu anch’egli attore, conosciuto col nome d’arte di Claudio Camaso. Il padre Mario era un milite fascista originario di Saronno, in provincia di Varese, che nel 1944 fu al comando della Brigata Nera di Chivasso. Carolina Bianchi, la madre, apparteneva a una benestante famiglia di industriali milanesi.

Il futuro attore trascorre l’ultima parte della sua infanzia in condizioni difficili per via della precaria situazione familiare, causata innanzitutto dall’arresto del padre. Mario Volonté fu condannato dalla I Sezione Speciale della Corte di Assise di Torino «per avere nella sua qualità di comandante delle brigate nere, durante l’occupazione tedesca, favorito le operazioni militari del nemico ordinando e partecipando a rastrellamenti di elementi del movimento di resistenza nei quali furono commessi molti omicidi e rapine». Causò la morte di una persona durante il rastrellamento di Rondissone e di altre due nei pressi di Verolengo. Carolina, la madre, cercò di fronteggiare la crisi, affittando le camere di casa e vendendo alcuni dei propri oggetti di valore. Mario, condannato a trent’anni di reclusione, ne scontò solo dieci, dal novembre 1944 all’agosto 1954. Tornò in carcere nell’aprile del 1960 per espiare due anni di reclusione per omicidio colposo. Liberato per motivi di salute, nel 1961 morì a Torino di cancro ai polmoni.

Volonté abbandona gli studi a quattordici anni e decide di trovare un impiego per aiutare la madre. Nel 1950, dopo alcuni mesi in Francia come raccoglitore di mele, ritorna in Italia, dove comincia a frequentare lo Studio Drammatico Internazionale I Nomadi di Edoardo Maltese. In questo periodo si appassionò alla letteratura, divenendo un assiduo lettore delle opere di Camus e di Sartre.

Nel 1951, all’età di 17 anni, Volonté inizia come attore di teatro a Torino e poco più tardi si unisce alla compagnia teatrale itinerante I carri di Tespi. Nel 1954 a Roma frequenta l’Accademia nazionale d’arte drammatica, ove si fa ben presto notare come un “giovane di grande talento”; suo maestro è Orazio Costa. Nel 1957 Volonté, ancora studente all’Accademia, ha la sua prima esperienza come attore recitando, sotto la regia di Franco Enriquez, nello sceneggiato televisivo La Foresta pietrificata (tratto da un dramma teatrale di Robert E. Sherwood) e successivamente, diretto da Corrado Pavolini, in Fedra (tratto dall’omonima tragedia di Jean Racine), accanto a una delle signore della scena italiana, Diana Torrieri.

Nella stagione 1958-1959 recita nella compagnia del Teatro Stabile di Trieste; nel 1959 recita negli sceneggiati televisivi L’idiota, tratto dall’omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij, e Caravaggio; nel 1960 recita in teatro Romeo e Giulietta di William Shakespeare e nel 1963 in La buona moglie di Carlo Goldoni e in Sacco e Vanzetti di Mino Roli e Luciano Vincenzoni, dove interpreta Nicola Sacco; dieci anni dopo nella trasposizione cinematografica di Giuliano Montaldo avrebbe invece interpretato Bartolomeo Vanzetti. Nel 1963 recita nel film televisivo Il taglio del bosco, tratto dall’omonimo racconto di Carlo Cassola.

Nel 1964 cerca di portare in scena in un teatrino di Roma, in via Belsiana, la controversa opera Il Vicario di Rolf Hochhuth, che denuncia i rapporti tra la Chiesa e il regime nazista: la rappresentazione viene però impedita da un intervento della polizia per violazione di un articolo del Concordato.

Nel 1960 avviene il suo esordio cinematografico con il film Sotto dieci bandiere di Duilio Coletti.

Nel 1961 recita, ricoprendo parti marginali, in due film del genere peplum/fantascientifico: Antinea, l’amante della città sepolta di Edgar G. Ulmer e Giuseppe Masini, e Ercole alla conquista di Atlantide di Vittorio Cottafavi. Ottiene però una parte anche in due opere di livello: A cavallo della tigre di Luigi Comencini, e La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini.

Nel 1962 Volonté ottiene il suo primo ruolo da protagonista in Un uomo da bruciare di Valentino Orsini e dei fratelli Taviani, un film di denuncia sociale ispirato alle gesta del sindacalista Salvatore Carnevale. Nonostante questa notevole interpretazione Volonté rimane “nell’ombra”. Nel 1963 è protagonista nel film Il terrorista, ambientato in Veneto durante la resistenza, sotto la regia di Gianfranco De Bosio.

Nel 1964 è Michelangelo Buonarroti, nell’omonimo sceneggiato RAI di Silverio Blasi. Lo stesso anno Sergio Leone lo vuole in Per un pugno di dollari, considerato uno dei capisaldi del genere spaghetti-western, nel ruolo del letale trafficante di alcolici Ramón Rojo: questa parte conferisce lustro alla nascente carriera cinematografica di Volonté. Nel 1965 ritorna a lavorare con Leone in Per qualche dollaro in più in cui interpreta il sadico criminale tossicodipendente El Indio: l’interpretazione lo consacra definitivamente al grande pubblico rendendolo, di fatto, il perfetto cattivo del genere. Volonté interpreterà altri film appartenenti al filone degli spaghetti-western, come Quién sabe? (1966), di Damiano Damiani, e Faccia a faccia (1967), di Sergio Sollima, al fianco di Tomas Milian che ritrova l’anno successivo in Banditi a Milano di Carlo Lizzani; nel 1967 interpreta il ruolo del prof. Laurana, nel film A ciascuno il suo, diretto da Elio Petri, che ne ha curato la sceneggiatura assieme a Ugo Pirro, e liberamente ispirato all’omonimo romanzo dello scrittore Leonardo Sciascia. Il film segna l’inizio del sodalizio artistico fra il regista Petri, lo sceneggiatore Ugo Pirro e Gian Maria Volonté, a cui seguiranno altri film nel corso degli anni Settanta. È proprio nel 1970 che diventa il protagonista di uno dei più celebri film italiani a sfondo politico-giudiziario, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, comparendo anche nella pellicola francese I senza nome di Jean-Pierre Melville al fianco di Alain Delon.

Ottenuta la notorietà (Felice Laudadio lo definì “il più grande attore italiano del suo tempo”), continua a dedicarsi a un tipo di cinema politicamente impegnato, recitando nel corso degli anni settanta in film come Uomini contro (1970), tratto dal romanzo autobiografico Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu, e Il caso Mattei (1972), entrambi di Francesco Rosi, nonché in Sacco e Vanzetti (1971) e Giordano Bruno (1973) di Giuliano Montaldo, La classe operaia va in paradiso di Elio Petri (1971) e Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio (1972). È soprattutto con Petri e con Rosi che Volonté ha modo di esprimere in piena libertà il suo talento, dando vita a una miriade di “uomini illustri” rappresentanti una dura critica alla classe dirigente dell’epoca, divenendo quindi un punto di riferimento del cinema d’impegno civile italiano. Alla sua carriera d’attore Volonté accosta un intenso attivismo politico portando avanti numerose battaglie, manifestazioni e scioperi per i diritti dei lavoratori e partecipando alla realizzazione dei Documenti su Giuseppe Pinelli (1970).

Verso la fine degli anni settanta Volonté passa un breve periodo di crisi a causa dell’insuccesso di Todo Modo (1976), grottesco film di denuncia sugli intrighi della Democrazia Cristiana, che sancisce nonostante la straordinaria interpretazione di Volonté la fine del cinema politico italiano e segna la rottura tra Petri e Volonté. Tuttavia ritrova il successo ancora diretto da Rosi in Cristo si è fermato a Eboli (1979), tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Levi, che ricevette diversi premi nazionali e internazionali, tra cui 2 David di Donatello, il Gran Premio al Festival di Mosca nel 1979 e il BAFTA al miglior film non in lingua inglese nel 1983, prima pellicola a ricevere questo riconoscimento.

Sempre negli anni settanta Volonté viene chiamato a prendere parte a tre importanti film: Il padrino di Francis Ford Coppola, Novecento di Bernardo Bertolucci e Padre padrone dei fratelli Taviani, ma non vi partecipa; precedentemente alla proposta fattagli per Novecento aveva invece accettato il ruolo in Actas de Marusia: storia di un massacro di Miguel Littín.

Negli anni ottanta Volonté riprende la propria attività attoriale con film come La morte di Mario Ricci di Claude Goretta (1983), Il caso Moro di Giuseppe Ferrara (1986) e Cronaca di una morte annunciata sempre di Rosi (1987). Negli anni novanta abbandona il cinema italiano dopo aver recitato in Porte aperte di Gianni Amelio (1990) e in Una storia semplice di Emidio Greco (1991), per cui viene premiato con il Leone d’oro alla carriera al Festival di Venezia. Entrambi questi ultimi film sono liberamente tratti dagli omonimi romanzi di Leonardo Sciascia. In quel periodo Volonté entra in una profonda crisi depressiva e lavora in un paio di pellicole poco note: Funes, un gran amor, 1992, di Raoul de la Torre e Il tiranno Banderas, 1993, di José Luis García Sánchez.

Nel 1994 giunge una parte di rilievo in Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos. Volonté muore durante le riprese del film, stroncato da un infarto. Viene sostituito da Erland Josephson e il film verrà dedicato alla sua memoria. Il suo funerale si svolge a Velletri, dove risiedeva. Le sue spoglie riposano, come da sua volontà, sotto un albero nel piccolo cimitero de La Maddalena, in Sardegna. Nel 2004, per il decennale della scomparsa, la città di Roma gli ha dedicato una via nel quartiere nuovo Casale di Nei.

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